SANPEI, il piccolo pescatore

Di Marino Mariani

Sanpei, il piccolo pescatore

Sanpei, il piccolo pescatore

Iper istinto ibanbini sono attratti dagli animali

Per istinto i banbini sono attratti dagli animali

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Ho scritto diversi articoli sui cartoni animati (cartoon) e, personalmente sono stato sempre attratto dai giornaletti con le storie disegnatie che ora, in italiano, vengono chia-mate “fumetti “, denominazione che a me non piace e preferisco quella francese che, tradotta, è “strisce disegnate”, cioè proprio come dico io. Però chi fa testo sono gli americani, per i quali queste storie illustrate si chiamano “comics”, nome che non ha niente a che fare con la comicità, ma proviene dal latino “comedia”, e designa lavori letterari o teatrali, in prosa o musicali, in cui siano presenti dialoghi fra i protagonisti. Anche l’opera “Carmen”, una delle più tragiche, fu designata come “opéra comique”, perché nella stesura originale conteneva dialoghi parlati, non musicati. Ebbene, non mi ricordo assolutamente che, da piccolo, mi avessero mai portato a vedere un cartone animato vero e proprio. Eppure i disegni illustrati erano già entrati in casa nostra. Quando ero ammalato di tifo (passato alla storia come “Il tifo della Centrale del Latte“ del 1934), il dottor Venni oltre alle medicine, mi portava i giornaletti che nascondevo sotto le coperte. Mi ricordo benissimo quando, nel 1935, acquistai “con i soldi miei” l’albo di “Topolino e l’Elefante” che costava una lira, nella cartolibreria del sor Annibale in via Tagliamento, angolo via Chiana. Proprio in via Chiana una sera una signora mi fermò e mi domando dove fosse via Chiana, al che risposi: “Questa è via Chiana!”. La signora fu tanto contenta che mi regalò mezza lira, che andai subito a spendere dal giornalaio. A forza di pensarci sopra ho risolto anche il problema dei cartoni animati: a quel tempo al cinema proiettavano uno o due film, seguiti da un documentario cinematografico (cinegiornale) che veniva chiamato “il film Luce” e da un cartone animato per bambini che, qualsiasi fosse il soggetto, veniva chiamato “Topolino”. Cartoni animati abbastanza lunghi da poter essere considerati un vero e proprio film ancora non esistevano. E chi li inventò fu Walt Disney che, a quel tempo, presiedeva ad una piccola casa cinematografica specializzata nella produzione di cartoon infantili, della durata di ca. 8 minuti, proprio quelli che venivano proiettati nel sale accanto a tutto il resto del programma, per far ridere i bambini. Ebbene, in USA la proiezione di un secondo film accanto a quello principale non era obbligatoria, vemiva osservata soltanto da qualche sala periferica, lasciando spazio ai brevi cartoon di ripieno. Ma le voci che circolavano davano per certa l’introduzione dell’obbligo di proiettare anche un secondo film, il che avrebbe costituito la fine dei piccoli cartoon infantili. Sotto l’influsso di queste voci preoccupanti, Walt Disney

Il mondo di Heidi

Il mondo di Heidi

concepì l’utopica idea di produrre addirittura un lungometraggio di disegni animati, un cartoon della durata di un’ora e mezza, come i film “normali” per i quali la gente esce da casa, viene al cinema e paga il biglietto d’ingresso al botteghino. Si trattava di un’impresa di difficoltà titanica, dai costi titanici e dal successo assai problematico. I familiari, gli amici, tutti i collaboratori, tutti gli esperti del settore lo scongiurarono di desistere da quella folle impresa, e non solo le biografie e la letteratura specializzata, ma anche dizionari ed enciclopedie battezzarono quel periodo come: “La follia di Walt Disney”. Naturalmente i costi balzarono alle stelle: dieci, cento, mille volte maggiori dei preventivi. Finché Walt Disney, di fronte al muro dell’impossibilità a proseguire, prese tutto il materiale sinora prodotto, lo selezionò accuratamente, lo imbastì e ricucì al meglio, abbellì tutto quello che si poteva abbellire. Si preparò il discorso, studiò e ristudiò le argomentazioni, provò e riprovò la sua perorazione. Preparò tutta la strumentazione necessaria per la proiezione. Dopodiché respirò profondamente e chiese udienza ad Amedeo Giannini, fondatore e presidente della Bank of America. Fu accolto con antartica cortesia, la sua perorazione fu ascoltata con una cordialità siberiana e con tutta la benevolenza di entrambe le calotte polari, Giannini assisté alla proiezione dei brani selezionati. Al momento degli addii Giannini, sempre impassibile, accompagnò Disney all’uscita e, mentre si apriva il maestoso portale, gli strinse la mano e gli disse: “Penso che il vostro film farà un mucchio di quattrini. Non preoccupatevi per il finanziamento, avrete tutto il denaro che vi servirà”. Con il pieno sostegno di Amedeo Giannini, Disney impiegò più di tre anni per completare Biancaneve, spendendo l’astronomica cifra di un milione e settecentomila dollari, al di fuori di ogni immaginazione, per quei tempi. La prima proiezione avvenne il 21 dicembre 1937, nella sala del Canthay Circle Theatre di Los Angeles. Il pubblico non era formato dai più piccini, bensì da critici e giornalisti professionisti, da gente di teatro e di cinema, da affaristi potenziali finanziatori, nonché da tutti coloro che erano rimasti scettici fino all’ultimo. E all’ultimo si alzarono in piedi ad applaudirlo freneticamente. Questa salva di applausi non si è mai spenta. Da quel momento il cartone animato, il cartoon, grande fratello dei comics, diventa un genere cinematografico a pieno diritto, e nel corso degli anni diversi film di questo tipo hanno fatto registrare primati d’incassi. Ma la spinta finale, quella che ha determinato la diffusione a valanga del cartone animato in tutto il mondo, è sicuramente costituita dal continuo, rapido e inarrestabile progresso dei mezzi di comunicazione iniziata nel dopoguerra e tuttora in rigoglioso sviluppo. In virtù di questo progresso, accanto alla sala cinematografica, ed in alternativa a questa, è nata la TV, seguita dalla TV a colori, e dalla classica TV istituzionale di stato si è passati all’incontrollato sbocciare delle TV indipendenti, che all’inizio venivano chiamate “TV pirata”, ma in breve tempo furono legalizzate. Come supporto materiale, la tradizionale pellicola cinematografica, che veniva utilizzata non solo per le proiezioni in sala, ma anche per i cinemetti familiari, fu gradualmente soppiantata dal nastro magnetico delle videocassette, e poi, con l’avvento dell’elettronica digitale, dal CD, dal DVD, dal BluRay…Oggi come

"Dagli Appennini alle Ande", un episodio del libro Cuore

“Dagli Appennini alle Ande”, un episodio del libro Cuore

oggi, poi, quelli di noi che passano gran parte della giornata avanti al computer, hanno completamente obliterato il concetto di supporto materiale, perché dispongono di vastissime collezioni di musica, di film e di filmati…ma i loro scaffali suono vuoti, ed allora, tutto questo materiale, dove sta? Se questo materiale l’avete registrato, sta nel disco rigido del vostro computer. Se invece lo richiamate di volta in volta quando ve ne viene voglia, allora esso risiede in un cosmico disco rigido di cui la localizzazione non è nota, e giunge nel vostro schermo in virtù di un collegamento telefonico. Il cartoon ha cavalcato passo passo ogni fase di questo progresso, ed ogni metro di pellicola girato all’età della pietra è stato poi rielaborato, rinfrescato e rinvigorito con lavaggi elettronici, talché è sempre presente al fianco dei nuovi dispositivi, a mano a mano che vengono immessi sul mercato. Ma a prescindere dagli sviluppi tecnici, c’è la grande rivoluzione sentimentale operata dai giapponesi nel corso degli anni 70 e 80. Finora il cartoon, di lungo o corto metraggio, era stato sempre concepito ed attuato come un divertimento, uno sfoggio di bravura, una fucina dello strabiliante, un gioco di prestigio a getto continuo. In quel periodo di tempo i giapponesi esordirono con due serie di cartoon, anzi “anime”, che cambiarono letteralmente il paradigma di questo genere artistico. Niente circo Barnum con numeri internazionali d’alta scuola ma storie di bambini che non si “esibiscono”, ma “vivono” sullo schermo, le proprie vicende. Il primo anime è Heidi, la bambina che esce dalle pagine dell’ottocentesca scrittrice svizzera Johanna Spyri e va ad esplorare il mondo delle Alpi con i suoi occhi sempre spalancati ed attoniti. La serie completa è di 52 episodi, preceduti da una sigla cantata, nella versione italiana, da Elisabetta Viviani, il cui successo fu tale da fargli conquistare la top 10 dei 45 giri. Per me Heidi risponde in pieno ad un mio interrogativo: come crescerebbe un bambino se non fosse costretto ad un processo educativo che rispecchia i disagi e le angosce di tutta la società nella quale è immerso? Qualche anno fa pubblicai, in un articolo, la foto di un bambino che bacia un porchetto (in realtà era un maiale vero e proprio), e molti miei amici dissero che la conoscevano, e che su internet aveva già fatto il giro del mondo. In effetti proprio adesso sono andato a ricercarla su internet e l’ho subito trovata e la ripubblico. La fotografia è stata scattata, pubblicata ed applaudita come una “curiosità”: “Guarda che cosa combinano i bambini se non vengono sorvegliati!”. In realtà quel bambino era ben sorvegliato, perché nella foto si vede il piede di una persona dietro di lui, ed un’altra ha scattato la foto. Il maiale, insieme a diversi altri esemplari, era dietro un recinzione, quindi…Quindi che cosa? Chi avrà pensato che quella foto costituiva l’ennesima prova che il sentimento innato è quello della fratellanza con gli animali? E Heidi, la cui vita è descritta tra i cinque e i sette anni, illustra pienamente come si sviluppa il senso di fratellanza e di lealtà quando lo sviluppo segue la direzione dell’impulso iniziale. Nello stesso periodo in cui Johanna Spyri faceva nascere dalla sua penna la piccola Heidi, in Italia il capitano Edmondo de Amicis, abbandonata la carriera militare e diventato scrittore e giornalista, scrisse un libro intitolato “Cuore” (1886), che divenne istantaneamente il libro più letto in questo paese, ed era d’obbligo nella bibliotechina dei bambini, ed io stesso lo lessi e rilessi, e tuttora, frugando tra i cimeli della mia famiglia, e cercando tra gli antiquari anche in Svizzera, sono riuscito a raccogliere quattro o cinque esemplari d’epoca, che tuttora mi sembrano tra i più belli che posseggo. Nello stesso momento, proprio nel 1886, in Inghilterra l’autrice Frances Hodgson Burnett pubblicava il suo “Little Lord Fauntleroy”, nientemeno che “Il piccolo Lord”!

Un'illustrazione dal Piccolo Lord

Un’illustrazione dal Piccolo Lord

Naturalmente anche questolibro divenne un breviario presso i bimbi italiani, ed io stesso, se in qualche occasione ero benvestito e facevo l’inchino alle signore, venivo chiamato “piccolo Lord”. A dire la verità non credo di aver letto questo libro, ma ne sentivo continuamente parlare, e credevo che, per essere un “piccolo Lord” bisognasse (e bastasse) vestire distintamente ed avere i modi gentili ed educati di un gentiluomo. In epoca recente, meno di dieci anni fa, a Zurigo ho avuto l’occasione di comprare una piccola partita di libri italiani antichi, una trentina in tutto, ad un franco l’uno. Tra questi c’era (c’è) una prima edizione italiana del Piccolo Lord avente questa caratteristica: essendo il primo libro di quell’autrice stampato in Italia, l’editore italiano, a causa del nome “Frances”, ha preso l’autrice per un autore!, attribuendogli i sesso maschile ad honorem! Anche in quell’occasione non lessi il libro, più che contento di possederlo. In realtà, la vera storia del Piccolo Lord l’ho conosciuta due o tre anni fa, quando su internet ho visto il film cosi intitolato, interpretato dall’angelo biondo Rick Schroder e da Alec Guinnes, il nonno inacidito che poi si raddolcisce. Ebbene, non fate caso che io il film l’abbia visto nel 2011, rimane il fatto che uscì nelle sale nel 1980. Ebbene, io mi domandavo se, nella nostra epoca, fosse possibile ancora scrivere libri educativi per la gioventù. La risposta è un no più che giustificato da un rapido esame della situazione in cui tutto il mondo si trova. Ma ad un secolo di distanza da Heidi, Cuore e Piccolo Lord , sono usciti Il Piccolo Lord in film e Heidi in 52 episodi di cartoni animati. A Natale Il piccolo Lord, se non nelle sale, riappare comunque in televisione. I cartoni giapponesi di Heidi hanno avuto un successo straordinario che non vede il tramonto. Mancherebbe all’appello il Cuore, ma esso è ampiamente sostituito da un’altra serie di cartoni giapponesi, quella di “Sanpei, il pescatore”, 109 episodi apparsi nello stesso periodo di Heidi. A dire la verità, andando a rovistare su Internet, il numero dei cartoni giapponesi frazionato in un numero imponente di episodi è…rilevante. Io stesso ne conosco diversi, e qualcuno l’ho ben giudicato dal punto di vista della trama, della qualità del disegno, dalla correttezza del linguaggio e dell’originalità e “swing” delle musiche d’accompagnamento, e per qualche tempo l’ho seguito (per esempio: Yattaman). Tenendo conto di tutto ciò c’è da stupirsi che il successo maggiore sia stato raccolto da Heidi e da Sanpei. Heidi è apparsa sui nostri schermi in modo del tutto inaspettato. Non parlo della Svizzera, in cui è stata sempre venerata come un Santo Patrono, ma in tutto il mondo, anche per il film a lei intitolato, impersonato da Shirley Temple! Sanpei, invece, è un personaggio del tutto inaspettato, di cui vi dovrò parlare a lungo, ma non lo farò adesso: da un’esplorazione che ho fatto su internet, debbo ritenere che i 109 episodi di Sanpei sono tutti disponibili, anche se di difficile reperimento, ed ho intenzione, salvo caso di forza maggiore, di pubblicarli tutti, ovviamente in un gran numero di puntate. Ma sin d’adesso devo mettere in rilievo una particolarità: io, tutti lo sanno, sono vegetariano puro, di quelli che sono chiamati vegans o vegani, pur non essendo nativi di Las Vegas. Caccia e pesca sono state sempre riprovate da un certo numero di benpensanti, ma fino ad una trentina di anni fa queste attività non mettevano a repentaglio la vita stessa del nostro pianeta. Ogni pozza d’acqua brulicava di vita, gli oceani erano ritenuti una riserva incommensurabile ed inestinguibile: Tutto è cambiato al giorno d’oggi, andate a vedere il documentario pubblicato nel nostro articolo “Uragano”. Quindi, le avventure di Sanpei, ed anche quelle di Heidi, si svolgono in un paradiso perduto, che dobbiamo assolutamente riconquistare. Comunque, in questa prima puntata, pubblicherò gli episodi 1e 2 di Sanpei, ciascuno di 21 minuti circa, e due macro episodi, e cioè la raccolta degli episodi 49-54 e 55-60, per un totale 14 episodi da 21 minuti ciascuno e quindi per un gran totale di 4,9, quasi 5 ore di programma! Ho tanti commenti da fare in proposito, ma voi, intanto, guardate e divertitevi.|